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il tuo psicologo-psicoterapeuta a Roma
a cura della
Dott.ssa Marina Pisetzky
Psicologa Psicoterapeuta
iscrizione all'Ordine Psicologi del Lazio n° 6419

 

 
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Disturbo psichico e incidente stradale

 

Gli incidenti stradali rappresentano un fenomeno sociale di prima grandezza che può riguardare chiunque: una famiglia su tre in Italia ha l’esperienza diretta di questi eventi e di ciò che ne consegue. Oltre un quarto dei decessi complessivi per cause violente è dovuto a sinistri stradali e nessun’altra causa (a parte gli incidenti domestici, che provocano circa 10.000 morti all’anno) miete tante vittime quanto la strada.

I sopravvissuti ad incidenti stradali hanno conseguenze non solo fisiche, ma anche psicologiche.

Da ricerche realizzate negli ultimi venti anni è emerso che tra il 5% e il 45% degli adulti ed il 14 e 45% dei minori, sviluppano un Disturbo Post Traumatico da Stress durante l’anno successivo all’incidente che li ha coinvolti. In Italia l’incidente stradale è la prima causa di morte per i giovani fino a 29 anni e causa ogni anno 170.000 invalidi permanenti. Gli incidenti rappresentano uno dei maggiori problemi della sanità pubblica, pari a 13 miliardi di euro l’anno (Istituto Superiore della Sanità, rapporto a cura di Taggi e Tosi, 2004). In sintesi nel nostro paese ogni giorno si verificano circa 614 incidenti, muoiono in media 15 persone e circa 867 rimangono ferite.

Fino ad oggi è stata posta poca attenzione all’impatto psicologico di un incidente stradale sulle vittime sopravvissute e sui loro familiari, inoltre non dimentichiamo la fragilità dei bambini in tali eventi. Alle conseguenze fisiche di un incidente stradale si associano dolorose conseguenze psicologiche. Ogni sinistro comporta risposte psicologiche, emotive e comportamentali e le sue caratteristiche si collegano a relazioni complesse riguardo al profilo psicologico della persona, alle sue modalità di risposta e alla soluzione messa in atto dalla famiglia. Da non dimenticare, in ogni incidente, le relazioni comunicative del personale sanitario e, prima, degli agenti di polizia, nel relazionarsi con l’interessato e i suoi familiari. Quando una persona è coinvolta in un sinistro reagisce all’evento, ma la sua risposta è influenzata anche da come immagina e vede reagire i propri familiari. In ogni sinistro stradale vi sono variabili in grado di favorire una crescita post traumatica, un potenziale ruolo protettivo svolto dal contesto familiare e dalla narrazione, ed un effetto di mediazione giocato dalla qualità percepita della comunicazione sanitaria.

L’Associazione Famigliari Vittime della Strada dal 1998 in Italia si batte anche per favorire il riconoscimento del mondo di dolore che sta dietro ai dati ufficiali. Da un’indagine della federazione Europea delle Vittime della Strada si evidenzia che, a fronte di un grave incidente, si delineano quattro categorie di vittime: chi muore, i famigliari di chi muore, chi contrae un handicap e i congiunti di chi contrae un handicap; la sofferenza psicologica degli ultimi tre gruppi viene spesso ignorata.

L’indagine effettuata rileva che il 90% delle famiglie dei morti e l’85% di quelle degli invalidi riportano un declino della qualità della vita da un punto di vista economico, relazionale e psicofisico.

Il 72% dei soggetti riporta perdita di interesse per le attività quotidiane, mentre il 49% riferisce una diminuzione di fiducia in se stessi. Si registrano poi problemi d’ansia nel 46% dei soggetti, depressione nel 64%, fobie nel 27%. Il 37% riporta propositi suicidiari, mentre le emozioni prevalenti risultano essere rabbia (78%) e risentimento (71%).

Questi eventi rischiano di compromettere il senso di sicurezza personale e la salute psicologica.

 

 

La valutazione e il trattamento psicologico dei sopravvissuti agli incidenti stradali è stato tradizionalmente poco studiato a livello mondiale. Molto interessante e ben condotto l’intervento di Claudia Carmassi che ha esposto alcune teorie su decorso e comorbilità seguendo lo schema tracciato dal DSM IV . Vengono riportati alcuni studi che indicano che vittime di incidenti stradali hanno una prevalenza di PTSD che varia da quasi il 100% nelle ore successive all’incidente, al dal 40% dopo un mese, fino a circa il 17% a un anno con successiva tendenza alla cronicizzazione.

E’ stato invece sottolineato che non vi sono sicuri sintomi predittivi in acuto per lo sviluppo di un PTSD cronico e che alcuni interventi precoci, se condotti non correttamente, possono interferire con i normali processi di integrazione dell’evento traumatico. Ciò pur se altri studi suggeriscono che sintomi di rievocazione, iperarousal e dissociazione predispongano per un decorso acuto del PTSD, mentre sintomi come evitamento e ottundimento psichico sono prognostici per un possibile sviluppo cronico.

Rispetto all’outcome dei pazienti è stato rilevato che, anche se trattati, circa un terzo dei pazienti non avrà una remissione completa della sintomatologia; il tempo di remissione medio può arrivare a 25 mesi nel soggetto in trattamento, ed oltre 60 se il soggetto non è sottoposto ad alcuna terapia. Inoltre studi del 2001-2002 confermano la presenza di comorbilità con patologie internistiche come ipertensione, cardiopatie e diabete; mentre la comorbilità con patologie psichiche riguarda la presenza di quasi tutte le entità nosografiche con esclusione della schizofrenia. Nel 2004 Blanchard e Hickhing hanno realizzato un’indagine che ha evidenziato che dal 15% al 45% dei sopravvissuti ad incidenti stradali sviluppò PTSD immediatamente o entro un anno dall’incidente.

Cosa accade ai soggetti coinvolti in sinistri che sviluppano sintomi traumatici? Si evidenzia una remissione media dei sintomi pari al 45,9% tra 6 e 12 mesi dall’incidente. Vengono considerati come fattori che favoriscono la persistenza dei sintomi il numero di giorni di ricovero ospedaliero, e la presenza di persistenti problemi medici e finanziari in seguito all’incidente. La letteratura evidenzia che dal 5 al 45% dei soggetti coinvolti i sinistri stradali e che richiedano intervento clinico, sviluppano un Disturbo Post Traumatico da Stress nell’anno successivo all’incidente e un ulteriore 15-50% presenta una sotto-sindrome.

La posizione dei ricercatori, rispetto al ruolo svolto dalle ferite, è controverso, ma va considerata la difficoltà nel valutare la gravità che, quando viene valutata in modo complesso, sembra confermare la relazione tra gravità delle ferite (gravità dell’incidente) e PTSD. Vi sono ferite apparentemente meno consistenti, ma più frequenti come il colpo di frusta, che spesso comportano dolore cronico. Mayou e Bryant studiarono (nel 1996 e 2002) per la prima volta l’effetto del colpo di frusta sui sopravvissuti a sinistri stradali. Essi evidenziarono la presenza di dolore da moderato ad intenso nel 37% dei soggetti a tre mesi dall’incidente, nel 27% dei casi a un anno, e nel 30% a tre anni e giunsero alla conclusione che tali soggetti non potevano essere considerati come semplicemente feriti lievi, perché i risultati li avvicinavano ai feriti gravi. Gli studi che indagano l’effetto della gravità delle ferite segnalano spesso la presenza di un effetto predittivo più potente del rischio percepito piuttosto che delle reali conseguenze fisiche conseguite. Altri studi confermano l’associazione tra la percezione di una minaccia alla propria o altrui vita e lo sviluppo del PTSD.

Tra le possibili reazioni immediate all’evento, particolare attenzione è stata rivolta alla presenza di dissociazione durante l’esperienza traumatica, chiamata dissociazione peri-traumatica. In letteratura vi è la presenza di importanti indicazioni che fanno pensare alla personalità precedente al trauma come uno dei fattori di rischio per lo sviluppo del PTSD, ma Koren nel 2002 individua un fattore predittivo rappresentato da disturbi del sonno conseguenti ad incidenti stradali: constatò che la difficoltà a dormire lamentate dai soggetti ad un mese dal sinistro era in grado di predire la presenza di PTSD ad un anno di distanza. Blauchard nel 2004 evidenzia un modello in cui sono presenti quattro variabili in grado di predire la presenza di PTSD, cioè: la paura di morire, la presenza di una precedente depressione maggiore, la presenza di conseguenze legali dell’incidente e il grado di estensione delle ferite.

In una ricerca condotta da F. Roccia, A. Brignolo , A. Dell’Acqua, S. Ansaldi , G. Angelini , S. Berrone. Viene valutata la prevalenza dei sintomi acuti da stress in pazienti che hanno riportato un trauma del distretto cranio maxillo facciale. Sono stati considerati 50 pazienti tra i 18 e i 65 anni, a ciascuno dei quali è statoattribuito un punteggio in base alla gravità del trauma, mediante l’Injury Severity Scale (ISS). Entro 48 ore dall’intervento chirurgico (T0) e a tre mesi di distanza (T1) sono statiimpiegati il Davidson Trauma Scale (DTS) per la sintomatologia post traumatica, lo State-Trait Anxiety Inventory di Spielberger (STAI) per i sintomi di ansia di stato e di tratto e il Self-Rating Depressione Scale di Zung (SDS) per quelli depressivi. Il 44% dei soggetti valutati (22 pazienti a T0) mostravano sintomi acuti da stress e il 26% (13 pazienti a T1) quelli da stress post-traumatico. L’associazione con le caratteristiche demografiche è risultata significativa solamente con il sesso, con prevalenza femminile. Si è riscontrata una significativa correlazione tra le variabili psicopatologiche e i sintomi specifici del trauma sia a T0 che a T1, come anche per l’ISS a T0. 8 dei 13 pazienti positivi al DTS a tre mesi hanno evidenziato sequele di tipo estetico o funzionale, tali da perpetuare l’evento stressante nel tempo. Si ravvisa quindi la necessità non solo di una restituito ad integrum dell’anatomia e delle funzioni, ma anche di un sostegno psicologico dei pazienti nei quali si manifestano disturbo post traumatico da stress , sia essa generica o più strettamente specifica, scatenata dall’evento traumatico.

Dopo un incidente stradale il disturbo più studiato e quello post-traumatico da stress , ma sono evidenti anche altri tipi di patologia: come la depressione maggiore, la amaxofobia e le crisi d’ansia.

Studi condotti dopo il 1996,riscontrarono la presenza di depressione maggiore in una percentuale di sinistri che va dal 6% al 27%: si rilevò che coloro che al follow-up, realizzato ad un anno dall’incidente, soddisfacevano icriteri diagnostici per il PTSD presentavano una comorbilità con la depressione maggiore (46%) molto più alte di quelle riscontrate nel campione complessivo. In seguito ad eventi traumatici, molto comuni sono i disturbi d’ansia. Ricerche svolte nel 1995 negli USA evidenziano anche in questo caso strette relazioni tra PTSD e disturbi d’ansia, concludendo che questi ultimi risultano secondari al PTSD nel 30/56% dei casi. Le relazioni tra PTSD e disturbi d’ansia è stata confermata anche dagli studi condotti sui sopravvissuti ad incidenti stradali. In seguito ad eventi traumatici spesso si osserva l’aumento di uso /abuso di alcool o di altre sostanze stupefacenti, con il rischio di sviluppare dipendenze. Tali eventi spesso comportano l’insorgenza di elevati livelli di stress soggettivo e possono comportare il peggioramento nelleprestazioni lavorative o scolastiche dell’incidentato. Un effetto specifico è rappresentato dallo sviluppo di paure e timori collegata alla guida e all’essere trasportati in automobile o motociclo, che rischia di interferire pesantemente con la vita quotidiana della persona. Ricerche di Mayou e Bryant nel 1992, riportarono la presenza di fobia di guidare nel 77% dei casi, e che ad un anno di distanza dall’incidente il 65% dei conducenti e il 44% dei passeggeri presentavano ancora effetti sul loro comportamento di guida. Da uno studio di Kuch del 1994 relativo a “persone incidentate” con ferite lievi e conseguente dolore cronico, per 21 soggetti su 55, l’autore sviluppò la definizione di fobia da incidente perché manifestavano: intensificazione dell’ansia all’esposizione alla guida e durante la guida tendevano ad evitare determinate strade e specifiche condizioni climatiche; come trasportati ponevano eccessiva attenzione al comportamento del conducente e mostravano una restrizione nella scelta dei posti in cui sedersi come passeggeri. Blambard distingue soggetti driving reluctant e soggetti affetti da driving phobia (questi ultimi evitano situazioni di guida o essere trasportati).

Dott.ssa Marina Pisetzky


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